Napoli protesta: tra violenza e parole

La protesta di Napoli contro coprifuoco e lockdown

La protesta di Napoli dello scorso venerdì sera, contro il coprifuoco e contro l’eventuale lockdown, ha lasciato l’amaro in bocca a molti, che non si rispecchiano in quanto successo. Oggi la protesta è tra violenza e parole. I motivi sono molteplici e tutti più che giusti: attività ormai allo sfascio; imprenditori e fabbriche che non hanno più la forza di riaprire; operai che non possono permettersi di perdere il lavoro perché hanno delle famiglie da sostenere. La manifestazione era anche iniziata in maniera pacifica e già da giorni, piccoli gruppi di commercianti si erano riuniti per dar voce al loro dissenso. La rottura totale si è avuta quando gruppetti di persone (che forse non hanno ben compreso “Arancia meccanica”) hanno iniziato a distruggere le volanti dei carabinieri, aggredire giornalisti, lanciare bombe carta. Insomma erano pronti alla guerra. Ma era davvero necessario?

La protesta con le parole

A questa protesta hanno voluto aggiungersistudenti universitari, ma in maniera diametralmente opposta. Questi ragazzi, mossi da un impeto di orgoglio dovuto allo studio e dalla cultura, hanno scelto un modo particolare ed esemplare di protestare. Una protesta velata, comica, ironica, sentita, con le parole, le emozioni. Con i loro video cercano di far emergere quanto di buono e di bello nella Napoli colta e che studia. Con poesia, citazioni, esprimendo le proprie emozioni, gli studenti, abbandonati a loro stessi da un governo che non li ha minimamente considerati, lasciandoli in balia degli eventi. Universitari che tentano di fare una rivoluzione, ma una rivoluzione colta, studiata, meditata, non violenta. Ragazzi che si rifiutano di essere paragonati alla camorra, ai ladri, o all’ignoranza e che dopo molto tempo vogliono far sentire la loro voce, troppo a lungo silente.

La protesta della Napoli colta

Questa è la Napoli per bene che si ribella alle violenze della protesta. È la Napoli che studia; una Napoli cortese, che, contraria ad ogni forma di malgoverno, si ribella, con le parole, con le immagini, perché convinta che la violenza non porta da nessuna parte. È una Napoli che si dissocia dalla gogna mediatica, perché per colpa di pochi, tutti devono essere etichettati come pochi di buono. È la gente vicina alla gente, che vuole far capire che questa è la bella Napoli che vivevicino al mare, illuminata dal sole.I ragazzi che si ribellano ad una Napoli che non rispecchia la città di Totò e di Troisi; la vedi Napoli e poi muori che raccontava Goethe e che vogliono esaltare città e popolo.

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STEFANO POPOLO

CEO & Founder

Classe 1993, fondatore di Ambasciator e giornalista pubblicista.
Ho pensato al nome Ambasciator per raccontare fedelmente la storia delle persone, come strumento e mezzo di comunicazione senza schieramenti. Ambasciator, non porta penna.

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