Crisi Ucraina e aumento dei prezzi: quanto sta influendo la guerra?

aumento dei prezzi

Dall’inizio della guerra in Ucraina è stato rilevato un aumento dei prezzi pari al 7%, ma quanto influisce realmente il conflitto?

Il conflitto Russo-Ucraino continua a mietere vittime e distruzione. Sono 10 mila i morti a Mariupol, i cadaveri ricoprono le strade e le forze russe hanno portato in città dei crematori, per smaltirli. Ma tralasciando, per un attimo, le atrocità del conflitto, quali sono in Europa le conseguenze economiche? L’aumento dei prezzi è diretta conseguenza della guerra in corso?

Il sistema internazionale è fatto di parti interconnesse, dove ci sono delle superpotenze energetiche e degli stati satelliti, come l’Italia, al quale è concessa un’autonomia economica piuttosto limitata.

Le stime dell’aumento dei prezzi in Italia

Il centro di studi di Confindustria ha stimato che gli effetti della guerra, hanno bloccato la produzione industriale italiana, scendendo del 2,9% che inciderà negativamente in relazione al Pil. La società italiana Snam (riguardo le infrastrutture energetiche), sta cercando di evitare la piena dipendenza russa. Una delle soluzioni potrebbe essere l’accordo con l’idrogeno verde.
I dati Istat sono chiari, l’Italia sta soffrendo di una forte inflazione, un aumento del 7% in più rispetto allo scorso anno. Il grano tenero è rincarato del 20%, dato che probabilmente vi sarà il crollo di importazioni russe, ai quali seguirà anche quello ucraino. Nella lista anche il latte e i suoi derivati, la carne, ma in particolare gli oli vegetali e soprattutto mangimi come il mais. La guerra insomma è una scusa, in quanto le materie prime, sebbene importate, influenzano l’economia e l’aumento dei prezzi solo parzialmente.

Un aumento dei prezzi vi è già stato a partire da inizio anno, le bollette energetiche hanno subito un’impennata devastante. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel gennaio ha raggiunto un tasso italiani pari allo 0,9%. Riguardo i carburanti, infatti dopo una lenta ripresa post Covid, vi è stato un aumento relativo però alla scarsità d’investimenti nella produzione di gas a livello internazionale. Proprio quest’ultimo è un vero problema, poiché nonostante si parla di limitare e abbassare la gradazione dei termosifoni, il gas è necessario per attivare centrali elettriche e industrie. Bankitalia sostiene che l’Italia potrà far fronte alla dipendenza russa a partire dalla fine del 2022, senza intaccare le riserve di metano, importando però gas naturale liquefatto, con ricorso ad altri fornitori.

L’interruzione del gas russo in Europa: distruzione economica?

Tagliando l’importo del gas russo, quindi evitando di finanziare indirettamente i costi della guerra del presidente russo, il Pil nell’ultimo anno potrebbe subire un calo dello 0,5%. La sospensione comporterebbe una riduzione del 10% della produzione elettrica, gas, vapore e aria condizionata. Stime che mettono i brividi, considerando la forte dipendenza russa non solo da parte dell’Italia, ma anche di paesi come la Germania. In particolare, infatti, Gazprom ha avviato la costruzione di tubature di Gas in terra teutonica, fortemente innovative. Tali gasdotti infatti sarebbero costruiti sott’acqua, per aiutare un’importazione più efficiente e veloce.

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