L’anno della pandemia ha definitivamente sancito la passione degli italiani per i videogiochi. Nel 2020, infatti, il settore ha fatturato 2,2 miliardi di euro, con un aumento del 21,9% rispetto all’anno precedente
Videogiochi che passione. Se mai ce ne fosse stato bisogno, la passione degli italiani per i videogiochi nel 2020, il settore ha fatturato 2,2 miliardi di euro, con un aumento del 21,9% rispetto all’anno precedente.
Numeri da capogiro per l’industria del gaming: ad influire, inevitabilmente, il lockdown e le restrizioni contro il Covid. Il numero dei videogiocatori nel 2020, infatti, è stato di 16,7 milioni, con picchi nei mesi del lockdown.
Il settore dei videogiochi in Italia conta 160 imprese che impiegano 1.600 addetti, di cui il 79% ha un’età inferiore ai 36 anni. Ma un’ulteriore spinta potrebbe arrivare dal Pnrr. Secondo le stime del Censis, infatti, investendo nel gaming 45 milioni di euro in cinque anni – questa la somma prevista dal Piano alla voce finanziamento delle piattaforme di servizi digitali per gli sviluppatori e le imprese culturali -, il fatturato delle imprese italiane del settore salirebbe a 357 milioni di euro nel 2026.
A semplificare l’analisi dei dati, basti pensare che gli incassi del cinema italiano prima della pandemia erano pari a circa un quarto di quelli dei videogiochi (nel 2019 sono stati 635 milioni), “se il digitale ha reso possibile nell’emergenza e nelle restrizioni estreme una relazionalità a distanza evitando che il distanziamento fisico diventasse isolamento coatto delle persone – si nelle nelle 67 pagine del documento -, il gaming è stato qualcosa in più: parte attiva della relazionalità virtuale oltre che ammortizzatore degli impatti psicologici e sociali delle restrizioni”.
I videogiochi sono arte
Per molto tempo, tutti noi abbiamo considerato i videogames come un semplice passatempo. Da qualche mese, però, in seguito al decreto approvato da Dario Franceschini, attuale Ministro della cultura, e da Daniele Franco, attuale Ministro dell’economia, i videogiochi possono essere considerati a tutti gli effetti una forma d’arte.
Obiettivo di quel decreto è puntare, appunto, su un settore che in Italia è ancora giovane, seppure molto diffuso. Si parla di startup under 30 e dei cosiddetti – in gergo videoludico – indie. Chiaramente, si tratta di un fenomeno tutto italiano. E per quanto l’associazione “videogames= arte” non sia considerata corretta in tutto il mondo, è comunque un grande passo avanti. Il che agevolerà enormemente lo sviluppo di videogiochi nostrani.